Rossi: "Mostro con l'ali nere" - Christina Pluhar, Giuseppina Bridelli, Луиджи Росси
С переводом

Rossi: "Mostro con l'ali nere" - Christina Pluhar, Giuseppina Bridelli, Луиджи Росси

Альбом
Rossi: La lyra d'Orfeo & Arpa Davidica
Год
2019
Длительность
448180

Di seguito il testo della canzone Rossi: "Mostro con l'ali nere" , artista - Christina Pluhar, Giuseppina Bridelli, Луиджи Росси con traduzione

Testo " Rossi: "Mostro con l'ali nere" "

Testo originale con traduzione

Rossi: "Mostro con l'ali nere"

Christina Pluhar, Giuseppina Bridelli, Луиджи Росси

Оригинальный текст

Mostro con l’ali nere,

col crin di serpi e con le man di gelo,

uscito dall’inferno

ottenebrando il bel splendor del cielo.

Sovra di me volò,

l’infauste labbra aprì,

la voce che n’uscì

trafiggendom’il cor s’articolò.

Disse: «a che più languir, misero amante?

Come non vedi omai

che tradisce tua fé l’infida Clori?

Tu che d’amor conosci

ogni oggetto, ogni forma, ogni sembiante,

nol vedesti l’altr’ier negl’occhi suoi

lusinghiero volante?

Allor che ad onta della fiamma ond’ardi

nel volto a Coridon fissò gli sguardi.

Ma che più l’empia mano!

Fiori non gli donò

pur lo vedesti tu,

pur il tuo cor lo sa,

che serpe vi mirò d’infedeltà!

«Anzi», e nel dir così, scotendo il crine,

vibrò le serpi e dibattendo l’ali

mi coprì con la destra il core oppresso.

Fe’ il volto orrendo, e in suon mesto e feroce

gonfiò le fauci e intumidì la voce:

«Anzi –disse– sovvenga

al tuo pensier tradito,

che l’altr’ier ne lo speco

ch’a Venere dicò l’antica gente,

Coridone entrò seco,

ove forse la rea

si mostrò nuova Dido al nuov’Enea».

Miri, miri l’Arcadia

trafitta omai dal scelerato petto

dell’empia traditrice,

qual già mirò Cartago,

de la regina sua l’aperte vene.

Quanto più si conviene a costei,

ch’a colei perder la vita.

Ingannata fu quella, e questa inganna,

traditrice costei, colei tradita,

quella regina fu, questa tiranna.

Ciò detto, ecco vegg’io

Clori venir ver me,

coperta il vago piè d’argentea spoglia,

era disciolto all’aure

il crin dorato, e all’aure

anco ondeggiava ricca

sidonea veste, e sotto il lato manco

ozioso pendea l’arco dal fianco.

Fatto ardente il mio core

dal consiglier gelato

fe’ ch’io sciolta ver lei l’irata lingua

con interrotto suono.

Espressi i miei dolori,

sua fede infida, et i traditi amori,

ella poscia che udì sorrise, e disse:

«No Aminta non è ver» e mi baciò.

Ahi ch’io mutai pensiero.

La gelosia fuggì,

quel riso m’invaghì,

quel bacio m’incantò,

e invaghito e incantato

io mi credei quel no.

Quel magico talento

dieder le stelle a femminil bellezza.

Vinto a’ piedi io le caddi

e dissi «amata Clori

ogni voler ti cedo

e se tradito m’hai perdon ti chiedo».

Al suon di queste voci innamorate,

e tenere, battendo l’ali d’argento,

venne il fanciul di Venere, e disse:

«Ahi che tormento e pena e che dolore

è pugnar con amor seguendo Amore!»

Перевод песни

Mostro con l'ali nere,

col crin di serpi e con le man di gelo,

uscito dall'inferno

ottenebrando il bel splendore del cielo.

Sovra di me volò,

l'infauste labbra aprì,

la voce che n'uscì

trafiggendom'il cor s'articolò.

Disse: «a che più languir, misero amante?

Vieni non vedi omai

che tradisce tua fé l'infida Clori?

Tu che d'amore conosci

ogni oggetto, ogni forma, ogni sembiante,

nol vedesti l'altr'ier negl'occhi suoi

lusinghiero volante?

Allor che ad onta della fiamma ond'ardi

nel volto a Coridon fissò gli sguardi.

Ma che più l'empia mano!

Fiori non gli donò

pur lo vedesti tu,

pur il tuo cor lo sa,

che serpe vi mirò d'infedeltà!

«Anzi», e nel dir così, scotendo il crine,

vibrò le serpi e dibattendo l'ali

mi coprì con la destra il core oppresso.

Fe’ volto il orrendo, e in suon mesto e feroce

gonfiò le fauci e intumidì la voce:

«Anzi –disse– sovvenga

al tuo pensiero tradizionale,

che l'altr'ier ne lo speco

ch'a Venere dicò l'antica gente,

Coridone entrò seco,

dove forse la rea

si mostrò nuova Dido al nuovo'Enea».

Miri, miri l'Arcadia

trafitta omai dal scelerato petto

dell'Empia Traditrice,

qual già mirò Cartago,

de la regina sua l'aperte vene.

Quanto più si conviene a costei,

ch'a colei perder la vita.

Ingannata fu quella, e questa inganna,

traditrice costei, colei tradizionale,

quella regina fu, questa tiranna.

Ciò detto, ecco vegg'io

Clori vieni verso di me,

coperta il vago piè d'argentea spoglia,

era disciolto all'aure

il crin dorato, e all'aure

anco oneggiava ricca

sidonea veste, e sotto il lato manco

ozioso pendea l'arco dal fianco.

Fatto ardente il mio cuore

dal consigliere gelato

fe' ch'io sciolta ver lei l'irata lingua

con suono interrotto.

Espressi i miei dolori,

sua fede infida, et i traditi amori,

ella poscia che udì sorridi, e disse:

«No Aminta non è ver» e mi baciò.

Ahi ch'io mutai pensiero.

La gelosia fuggì,

quel riso m'invaghì,

quel bacio m'incantò,

e invaghito e incantato

io mi credo quel no.

Quel magico talento

dieder le stelle a femminil bellezza.

Vinto a' piedi io le caddi

e dissi «amata Clori

ogni volerti cedo

e se tradito m'hai perdon ti chiedo».

Al suon di queste voci innamorate,

e tenere, battendo l'ali d'argento,

venne il fanciul di Venere, e disse:

«Ahi che tormento e pena e che dolore

è pugnar con amor seguendo Amore!»

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